venerdì 2 gennaio 2009

Copertina


di Alfio Maria Fiamingo http://alfiofiamingo.blogspot.com

Le ultime notizie sono quelle che ci dà Tzipi Livni, "non c'è a Gaza un'emergenza umanitaria" e, quindi, "non serve una tregua umanitaria"... Il ministro degli esteri, in visita a Parigi, ha aggiunto che Israele " non ha mai interrotto il flusso di aiuti per la Striscia, anzi li ha addirittura aumentati nel corso dei giorni"... Se lo dice lei... Chissà, forse abbiamo visto altro, noi... Saranno state altre le navi da guerra che hanno speronato e danneggiato lo scafo della Dignity, imbarcazione del Free Gaza movement, carica di medicinali, che ha dovuto riparare in un porto in Libano... Saranno stati altri gli ospedali - e i morti - che ha visto Vittorio Arrigoni e chi, come lui, è sul posto e non smette di raccontare cosa sta veramente accadendo... L'Occidente si mobilita, i Paesi arabi pure... Ma c'è un macigno che pesa, su tutto questo che è in corso: la prossima tornata elettorale, doppia, in Palestina e in Israele. Ed è una verità importante, non sempre taciuta, anche se a volte sembra che lo sia. Persino la diplomazia americana pare stia chiedendo ad Israele come pensa di venirne fuori, ora che sta facendo il gioco di Hamas e che i gruppi di Fatah si sono ricompattati, e tutta la parte dell'odio, dall'una e dall'altra parte, ha fatto altrettanto. Quando Israele costruì il muro, a seguito di tutti quei terribili attentati che sventravano inermi cittadini ebrei, ero favorevole a quella realizzazione e, nei fatti, il muro è servito a qualcosa, a rallentare - fino a che cessassero, molti degli attacchi kamikaze, compiuti dagli estremisti islamici in barba a qualsiasi sentimento umanitario. Ma Papa Giovanni Paolo II, in quell'occasione, sostenne - giustamente - l'inutilità dei muri, perché non è alzando una frontiera alta otto metri che si costruisce la pace, né lasciando alle armi il compito di preparare la strada al dialogo. Abu Mazen è più solo, adesso. Lo dice in un'intervista un suo portavoce, stasera. Lo sappiamo tutti. E la Livni, aveva preannunciato una linea dura, dopo le elezioni, in caso di mandato. Questo è il sottofondo incredibile e terribile di quel che sta avvenendo.
Mi stupisce leggere che non sono poi così tanti i capi di Hamas che il governo ebraico vorrebbe eliminare... e penso al Mossad, a cosa serve vantarsi di avere uno dei servizi segreti più potenti al mondo, se poi occorre mettere su tutto questo inferno, per ottenere quello che si potrebbe, anche nell'ottica della violenza, giusta o sbagliata che sia, in altro modo. Mi stupisce leggere di un aiuto suppletivo del nostro governo di quasi un milione di euro, oltre agli otto inviati in precedenza, quando penso che proprio stasera una amabile e anziana signora italiana ne ha vinto più della metà in un gioco sulla prima rete televisiva Rai... Mi stupisce pensare a quanto meschino e calcolato sia il muoversi di questi che non sono altro che terroristi, gli uomini di Hamas... che non hanno alcun interesse a sostenere i diritti e le istanze del popolo palestinese, ma che agiscono per ottenere il consenso attraverso il compattamento che nasce dall'odio e dalla violenza che ne è genitrice... E a come, per altri biechi interessi di potere, dall'altra parte, con questa inutile guerra, stiano lasciando accadere che proprio Hamas abbia questo successo, a scapito di tutti coloro che vivono la loro vita - anzi vorrebbero viverla, al di fuori delle logiche perversamente intrecciate del consenso e del potere. Creare paura e tensione: questi gli obiettivi di entrambi, questo il vero motivo per cui Hamas - in modo consapevolmente sconsiderato - ha infranto la tregua; questo l'errore consapevole della Livni e di Olmert e del ministro della Difesa, Ehud Barak... tutto serve a fomentare il reciproco odio, tutto serve a creare compattezza nell'interesse alla gestione del potere e in vista del prossimo turno elettorale.

E serve anche ai mercanti d'armi, troppo spesso dimenticati, anche da coloro che raccontano dai luoghi il lato umano della sofferenza vera. Come ci si dimentica di un'intervista in un dossier del Tg2 di soltanto pochi anni fa a uno di loro, nel periodo nero e buio della Sarajevo in abbandono, anche dai falsi pacifisti [che quella volta manifestarono contro un aiuto chiesto a gran voce da quella stremata popolazione, alla quale urgeva un intervento militare]: che sono loro stessi, mercanti di morte e arricchimento, tante volte, più di quante riusciamo a immaginarne, a tessere le trame perché nascano i conflitti. Sono altre le cose che ci racconta, dal suo blog, Vittorio Arrigoni. Ed è anche al suo lavoro che è dedicata questa copertina; e a quello degli altri come lui. Con un appunto libero e pesante, come l'incoscienza che vieta di saper guardare alle cose nel loro complesso, e che limita il senso stesso di libertà che si accompagna al loro agire e muoversi sul terreno, senza stare a guardare da una poltrona ai telegiornali. Un rimprovero, grande: che quello che scrivono, nel loro sembrarmi giusto e reale, vale anche per gli ebrei. E valeva, non riesco ancora a dimenticare, proprio per le martoriate genti della ex-Jugoslavia. Dal passato giunge un modo per provare a percorrere altre e nuove strade di giustizia vera: proviamo a immaginare se, anziché quelle città, altre, tra le nostre, quelle in cui viviamo, fossero state assediate come succedeva lì in quegli anni; e se nel chiedere aiuto, mentre eravamo sotto le bombe, ci avessero risposto con le manifestazioni di piazza contro qualcosa che non era una guerra, in quel caso, ma un intervento "dovuto" dalla coscienza di persone libere.

Quello che è nei territori di Gaza, in queste ore, paga questo prezzo terribile: il continuare a non saper dare un nome a ciò che abbiamo davanti agli occhi; che aiuta a crescere i potenti e lascia che a subirne le conseguenze siano coloro che, come appare essere invero, non hanno mai avuto colpe.

2 commenti:

  1. debbo chiamarti direttore?
    beh buongiorno alla copertina.
    ho paura anche dei pacifisti, direttore, ho paura delle bandiere oltranziste sventolate, ho paura di chi si professa qualcosa, come se per poter avere voce in capitolo sia necessario professare qualche credo, dirsi qualcosa.
    ho paura di israele, ma amo israele.
    sono cresciuta detestandoli tutti, mi hanno insegnato che la kefiah era l'unica risposta, poi ho capito che non era quella la risposta e che risposte in questo conflitto ce ne sono poche.
    ci restano le domande.
    ma spesso chi dovrebbe porsele non lo fa.
    sui moniti dei papi, non posso che dire, che dovrebbero tacere e basta e non parlare di muri quando ne sono i portatori ufficiali, i costruitori primigeni.

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  2. (costruttori, ovvio, chiedo scusa per il refuso)

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