di Orlando Sacchelli
pubblicato il 19 aprile su www.ideelibere.it
Passata l'emozione iniziale per il terremoto mi sembra opportuno fare alcune considerazioni a freddo. La prima scossa, quella che nella notte del 6 aprile ha fatto tremare la terra e crollare le case, era potente (5,8 gradi della scala Richter) ma non potentissima. Eppure moltissimi edifici sono venuti giù come castelli di sabbia. E' giusto che si indaghi a 360 gradi per accertare le responsabilità di chi ha costruito - e fatto costruire - senza tenere conto delle regole antisismiche. Perché a crollare non sono stati solo edifici vecchi di secoli, ma anche quelli nuovi. Il caso più clamoroso - e scandaloso - è l'ospedale dell'Aquila, terminato pochi anni fa. Che dire poi della prefettura, centro nevralgico in caso di emergenze. Crollato pure quello. Certo, l'edificio in questo caso era antico, come quasi tutte le prefetture d'Italia: ma vista la particolarità della sua funzione a maggior ragione doveva essere posto in sicurezza, "blindato" con il ferro e ogni possibile mezzo necessario a evitarne il crollo. E' possibile che in questo Paese si pianga e si corra ai ripari solo dopo che il latte è stato versato? Un'altra cosa trovo scandalosa: pare che il livello di sismicità dell'Aquila fosse passato da uno a due. Tradotto in parole povere i vincoli per i costruttori erano meno rigidi: si dovevano seguire le regole antisismiche ma in modo, per così dire, più blando. Eppure il piano nazionale - anche questo varato di recente - parlava di elevato rischio sismico per l'Abruzzo. E al di là degli studi scientifici è la storia a dimostrarlo, con tutti i terremoti che ci sono stati nel centro Italia. Quello della Marsica nel 1915 fece 30mila morti. Il padre di un mio amico è stato sindaco per oltre vent'anni in un paese della Basilicata. Era in carica anche negli anni a cavallo del 1980. Ha raccontato a suo figlio una verità sconvolgente: "I controlli non si fanno. Le regole antisismiche ci sono ma se uno non le rispetta e costruisce come gli pare, fregandosene delle leggi, nessuno interviene". Ecco, questa è l'Italia. E' il Paese dei furbi (o presunti tali), dove il rispetto delle regole è un optional. Le leggi ci sono ma ognuno stupidamente - per soldi ma non solo - fa come gli pare. Chi dovrebbe farle rispettare è impegnato in altre cose. Forse non ha i mezzi e la volontà. Forse è soltanto un inetto. Mi viene da pensare al lavoro di una Commissione parlamentare d'inchiesta che riscontrò alcune gravi irregolarità nell'ospedale dell'Aquila. Questo di recente, non cento anni fa. Eppure la procura del capoluogo abruzzese, a quanto pare, non ha mosso dito. Perché? Possibile che non conoscesse l'esito di quell'inchiesta parlamentare? Possibile che i documenti non le siano stati trasmessi o i giornali locali non ne abbiano parlato? E ora, dopo aver pianto quasi trecento morti, pensiamo - giustamente - alla ricostruzione e a ridare speranza agli sfollati. Ma ci rendiamo conto che, all'improvviso, potrebbe esserci un nuovo Abruzzo? Le case tenute in piedi con il Vinavil non venivano costruite solo all'Aquila. Questo è poco ma sicuro. Bisogna predisporre accertamenti e mettere in sicurezza gli edifici pericolosi, che immaginiamo siano tanti, troppi. Non possiamo, con stupido fatalismo, aspettare l'ennesima tragedia prima di aprire gli occhi.
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